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FOTOABLAZIONE
Si tratta del secondo tipo d’interazione fotochimica. Molte biomolecole assorbono fortemente nella
banda UV (200-320 nm); tali forti assorbimenti (per impulsi di durata di 15 nsec) comportano una
dissociazione molecolare localizzata (i fotoni hanno energia sufficiente a rompere i legami
molecolari con energia di ~ 6 eV).
Il processo fotoablativo consiste nella fotodissociazione di macromolecole (AB) in fotoprodotti
repulsivi (A
+
e B
-
). L’energia residua non utilizzata per la rottura dei legami molecolari rimane nei
fotoprodotti sotto forma di energia cinetica traslazionale. Ciò spiega l’istantanea espulsione dei
fotoprodotti dalla zona colpita dal fascio.
Lo schema d’interazione è dunque il seguente:
1. IMPULSI LASER UV FOCALIZZATI SUL TESSUTO (I ~ 10
8
W/cm
2
)
2. FORTE ASSORBIMENTO DELL’IMPULSO UV (6 eV) DA PARTE DI PROTEINE,
AMIDI, PEPTIDI (profondità di penetrazione ~ 1
m
m)
3. ECCITAZIONE DELLE MACROMOLECOLE
4. FOTODISSOCIAZIONE IN FOTOPRODOTTI REPULSIVI
5. ESPULSIONE DEI FOTOPRODOTTI (senza necrosi dei tessuti)
I laser più utilizzati in questo tipo di terapia sono quelli che emettono principalmente nella banda
UV; quindi laser ad eccimeri (ArF: 193nm, KrF: 248 nm) e Nd:YAG quarta armonica (266 nm),
quest’ultimo eccellente per i tagli ad alta precisione.
Riportiamo un tipico esempio di utilizzo della tecnica fotoablativa.
ESEMPIO: Chirurgia rifrattiva dell’occhio: tecniche PRK e LASIK.
I difetti visivi nell’uomo sono dovuti in gran parte alla cattiva messa a fuoco delle immagini sulla
retina da parte delle “lenti naturali” dell’occhio. Tali lenti sono la cornea (che ha il maggior potere
diottrico, circa +43 diottrie) e il cristallino (+13 diottrie). Le patologie più frequenti sono la miopia
(l’immagine viene focalizzata prima della retina), l’ipermetropia (l’immagine viene focalizzata
dopo la retina) e l’astigmatismo (l’immagine viene focalizzata diversamente su due piani ortogonali
con la presenza di due fuochi). Questi difetti sono principalmente dovuti alla cattiva convergenza
dei raggi luminosi da parte di cornea e cristallino (miopia e ipermetropia) e alla asfericità della
cornea (astigmatismo).
La tecnica fotoablativa permette di risolvere parzialmente o totalmente questi disturbi. Nel 1988 è
stata ideata la cheratectomia fotorifrattiva (PRK); sostanzialmente si tratta di un algoritmo che
mette in relazione la quantità di tessuto corneale da asportare in relazione alla correzione diottrica
da effettuare. L’asportazione del tessuto viene effettuata per fotoablazione da un laser ad eccimeri
(ArF: 193 nm) la cui radiazione viene quasi totalmente assorbita dal tessuto corneale. Ogni impulso,
della durata di circa 15 nsec, asporta mediamente un quarto di micrometro del tessuto corneale
lasciando il tessuto superficiale liscio e privo di asperità. In questo modo, con un andamento a
scansione del fascio laser (il cui diametro è di 1-2 mm), è possibile rimodellare la cornea
correggendone i difetti. In caso di miopia il rimodellamento avverrà nella parte centrale della cornea
(per renderla meno convergente) mentre per l’ipermetropia si agirà sulla parte periferica. Invece per
la correzione dell’astigmatismo la cornea verrà rimodellata per essere resa sferica. In Fig.9 è
schematizzata la tecnica PRK per la correzione della curvatura.