Laser in Medicina - page 9

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Tipico utilizzo di tale fenomeno si ha in campo oftalmico. Infatti si possono effettuare interventi di
rimozione tissutale internamente al bulbo oculare senza doverlo incidere (ad esempio per la cura di
alcune retinopatie o per la rimozione di tessuti opachi che si formano nella cornea dopo interventi
alla cataratta). Più recentemente l’utilizzo di tale tecnica si è esteso alla cura delle patologie
riguardanti la formazione dei calcoli (in pratica si frantumano i calcoli grazie alla pressione generata
dall’onda d’urto del plasma) e per alcune patologie cardiovascolari (rimozione di trombi nei piccoli
vasi). In questi ultimi casi l’onda d’urto porta alla rapida vaporizzazione dell’acqua contenuta nei
calcoli o nei trombi con una successiva esplosione locale di tali materiali.
INTERAZIONE FOTOCHIMICA
Un altro importante tipo d’interazione laser-tessuti è quella di tipo fotochimica.
Questo tipo d’interazione è provocato dall’esposizione dei tessuti ad impulsi laser che vanno dai
10 nsec ai 100
m
sec. La differenza sostanziale rispetto all’effetto termico e a quello fotomeccanico
sta nel fatto che l’interazione fotochimica avviene grazie ai tessuti fotosensibili presenti
nell’organismo umano. In altri termini grazie a tessuti come cromofori e pigmenti (o altre sostanze
fotosensibili inserite nell’organismo) si ha una selettività del bersaglio che non si osserva negli atri
tipi d’interazione.
La reazione avviene a livello chimico: l’energia trasmessa dalla radiazione induce un mutamento
delle macromolecole biologiche (trasformazione fotochimica) che produce un isomero (stessa
molecola con diversa struttura) o una nuova molecola.
Esistono due diverse modalità d’interazione fotochimica entrambe molto utilizzate in medicina: la
fotosensibilizzazione e la fotoablazione.
FOTOSENSIBILIZZAZIONE
E’ un processo che sfrutta la fotoattivazione di alcune molecole provocato dalla radiazione
luminosa. Tale tecnica viene largamente utilizzata nella cura dei tumori e viene chiamata “terapia
fotodinamica” (PDT). Possiamo fare un esempio di tale terapia descrivendo l’utilizzo delle
porfirine, sostanze fotosensibili che assorbono in varie zone spettrali (si vedano gli assorbimenti di
alcune di queste sostanze in Fig.7). Largamente utilizzata è l’ematoporfirina che assorbe intorno ai
400 nm. Tale sostanza viene iniettata nel paziente e si accumula maggiormente nei tessuti tumorali.
Tali tessuti vengono dunque irradiati da luce laser (tipicamente un laser a colorante);
l’ematoporfirina assorbe la radiazione passando ad uno stato eccitato e la riemette quasi
istantaneamente; l’energia ritrasmessa viene assorbita dalle molecole di ossigeno (Fig.8) che
passano ad uno stato molto reattivo: si ha la formazione di radicali liberi che, legandosi alle pareti
lipidiche e agli acidi nucleici, aggrediscono e uccidono le cellule tumorali.
Lo schema del processo è il seguente:
1. INSERIMENTO DEL FOTOSENSIBILIZZANTE P
2. RITENZIONE SELETTIVA DA PARTE DEL TESSUTO TUMORALE
3. IRRAGIAMENTO LASER
4. ECCITAZIONE RISONANTE DEL FOTOSENSIBILIZZANTE: P + h
n
= P*
5. DECADIMENTO VELOCE DI P* E TRASFERIMENTO ENERGETICO ALLE
MOLECOLE O
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6. PRODUZIONE DI RADICALI LIBERI
7. ERADICAMENTO DEL TUMORE
1,2,3,4,5,6,7,8 10,11,12,13,14,15,16,17,18
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