Decreto legislatico 81/2008 - page 87

Più in dettaglio, l’ottica di raccolta determina l’angolo di accettanza del sensore (cioè l’area sottesa dal campo di vista
del sensore che dovrebbe essere pari al valore dell’angolo effettivo con cui l’occhio vede la sorgente a causa dei
movimenti oculari, valore stabilito pari a 11 mrad
11
), riproducendo le caratteristiche ottiche dell’occhio (lente-
cristallino, diaframma-pupilla, sensore-retina). La radianza della sorgente è legata all’irradianza sul sensore - la retina,
attraverso una funzione spettrale di trasferimento che dipende solo dalle caratteristiche costruttive dell’obiettivo, cioè
dalle caratteristiche fisiologiche dell’occhio, ed indipendente dalla distanza sorgente-osservatore. Tale funzione di
trasferimento associata alla sonda per la misura della radianza altro non è che la funzione che esprime i coefficienti
spettrali della curva di taratura in radianza (funzione della lunghezza d’onda) della sonda di misura (tale dato si desume
dal certificato di taratura). In altre parole il radiometro misura sempre un valore di irradianza sul sensore, che,
moltiplicato per il corrispondente fattore di taratura spettrale, permette di calcolare il corrispondente valore di radianza
della sorgente (se si moltiplica l’irradianza “spettrale” per lo spettro d’azione per la funzione di trasferimento si ottiene
la corrispondente radianza “spettrale efficace”).
In alternativa all’uso dell’ottica per la misura della radianza, si può procedere, come indicato nella norma CEI EN
62471 (2009), ad una misura di irradianza, dopo aver schermato la parte della sorgente eccedente l’angolo di accettanza.
Tale parametro è determinato dal rapporto del diametro della superficie circolare sottesa dall’angolo solido determinato
dall’angolo di accettanza e la distanza tra sorgente- detector. La scelta della distanza di misura e del diametro della
superficie schermante deve determinare un setup di misura tale per cui l’angolo di accettanza del sensore sia uguale
all’angolo effettivo con cui l’occhio vede la sorgente a causa dei movimenti oculari. Un setup di misura ove questo
angolo di accettanza fosse inferiore al valore stabilito comporterebbe la sovrastima della misura. Il valore di questo
angolo non va confuso con quello che sottende la sorgente, la cui determinazione è esclusivamente finalizzata alla
determinazione del corretto valore limite di esposizione da applicare a tutela dei lavoratori in funzione delle condizioni
di esposizione.
I requisiti prestazionali della strumentazione radiometrica da utilizzarsi per la valutazione dei rischi di esposizione a
radiazioni ottiche sono riportati nella norma CEI EN 62471 (Allegato B). Una vasta serie di spettroradiometri a singolo
monocromatore con rivelatore a CCD ed uscita in fibra ottica sono disponibili sul mercato, offrendo una soluzione
relativamente economica e flessibile alle necessità del valutatore.
La grande possibilità di “personalizzare” tali strumenti (selezionando ad esempio parametri come: intervallo spettrale di
lavoro, risoluzione, efficienza quantica del sensore, ecc.), adattandoli alle necessità più disparate, li rende strumenti
molto versatili con potenzialità molto elevate. Bisogna tuttavia sceglierne molto accuratamente le caratteristiche al fine
di garantire i requisiti prestazionali richiesti nonché un grado accettabile di incertezza nella misura delle grandezze
radiometriche.
Alcuni parametri importanti di cui tener conto nella scelta della configurazione dello strumento sono:
-
il mezzo disperdente del monocromatore;
-
la dispersione angolare che per i reticoli aumenta all’aumentare del numero di incisioni per mm;
-
“l’angolo di blaze” del reticolo: variando l’angolazione delle incisioni del reticolo è infatti possibile indirizzare una
maggiore quantità di radiazione in uno specifico ordine di diffrazione, aumentando il segnale al rivelatore in un
determinato intervallo spettrale (d’altra parte il segnale all’esterno dell’intervallo spettrale diminuisce).
Le proprietà del reticolo unitamente alla focale del sistema ottico che costituiscono lo spettroradiometro determinano
l’intervallo spettrale utile per quella determinata configurazione. La risoluzione spettrale dello strumento è in relazione
sia alla configurazione del sistema, sia alle dimensioni dell’apertura della fenditura posta all’ingresso dello strumento
stesso (quanto più è piccola tanto maggiore è la risoluzione spettrale ma tanto più bassa è l’intensità che può giungere al
rivelatore), sia infine alle dimensioni del rivelatore (le dimensioni del pixel se il rilevatore è un CCD). Si sottolinea che
la risoluzione spettrale non va spinta oltre il limite del manometro, onde evitare di penalizzare eccessivamente la
dinamica dello strumento. Nel caso in cui l’ottica di raccolta dello strumento sia una fibra ottica, l’apertura limitante
sarà data dal diametro della fibra nel caso questa sia inferiore alle dimensioni della fenditura (aumenterà di conseguenza
la risoluzione spettrale). La risoluzione spettrale dello spettroradiometro dovrà permettere misure con step di 1 nm
nell’UV e al massimo 5 nm nell’IRA, questo poiché nell’UV si incontrano frequentemente sorgenti con spettro di
righe
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mentre nell’IR le sorgenti più comuni sono principalmente assimilabili a corpi neri.
La misura delle caratteristiche di emissione dei LED richiede, anche nel visibile, caratteristiche prestazionali superiori a
quelle necessarie per misure nell’UV.
I radiometri a larga banda invece offrono il vantaggio di una grande rapidità e semplicità di misura che li rende
strumenti molto versatili per una indagine di screening, tuttavia la pesatura spettrale operata dai filtri non riesce sempre
11
come indicato nel punto j-k-l, della tabella 1.1 dell’allegato XXXVII del DLgs.81/2008, che riporta i valori limite di
esposizione
12
una corretta valutazione del dato spettrale riferito ad una riga di emissione richiede che lo strumento abbia (se il
rilevatore è un CCD) una risoluzione spettrale tale da risolvere lo spettro della riga almeno con 5 pixel
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