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LLEGATO
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PPROFONDIMENTI SULLA PROTEZIONE DAI RISCHI PER LA SALUTE A LUNGO TERMINE
I valori limite di esposizione per le radiazioni non coerenti emesse da sorgenti artificiali, riportati nelle Tabelle
dell'Allegato XXXVII-Parte I, sono stati determinati dall’ICNIRP sulla base degli effetti sulla salute, connessi ad
esposizioni acute e croniche, per i quali è stato possibile determinare una soglia di induzione del danno. La limitazione
delle esposizioni al di sotto delle soglie assicura pertanto che i lavoratori non subiscano i danni da esposizione acuta e
quei danni da esposizione cronica per i quali sono state determinate soglie di insorgenza (per es.: danni sul cristallino da
esposizione cronica a infrarossi –cataratta dei vetrai-).
Nel caso delle esposizioni alla radiazione ultravioletta, il rispetto dei VLE previene l’insorgenza di effetti quali
l’eritema, la fotocheratite, la fotocongiuntivite e la cataratta da esposizione acuta, ma non previene totalmente il rischio
di effetti a lungo termine indotti dall’esposizione cronica, quali la fotocancerogenesi cutanea, il fotoinvecchiamento
cutaneo e i danni oculari da esposizione cronica, per i quali non sono state determinate soglie di induzione.
Analogo discorso vale per quanto riguarda il danno retinico di natura fotochimica, detto anche rischio da “luce blu” in
quanto indotto prevalentemente dalla radiazione visibile blu (lunghezza d’onda compresa tra circa 380 e 490 nm), con
massima efficacia tra i 440 e i 442 nm. Tale danno, infatti,
è prevenuto rispettando i VLE per quanto riguarda la
possibile insorgenza di danni acuti, mentre il rispetto di questi stessi limiti non può, allo stato attuale delle conoscenze,
prevenire in assoluto il danno retinico da esposizione cronica legato alla dose totale accumulata dal lavoratore durante
lunghi periodi (anni, decine d'anni).
Gli effetti a lungo termine delle ROA possono quindi, in linea di principio, verificarsi anche se sono rispettati gli attuali
limiti di esposizione, ricordando tuttavia che la limitazione delle esposizioni al di sotto delle soglie di induzione degli
effetti acuti contribuisce a diminuire la dose che il lavoratore esposto accumula durante la sua vita lavorativa, e riduce la
probabilità (per effetti stocastici quale la fotocancerogenesi cutanea) o la gravità (per effetti deterministici quale il
fotoinvecchiamento cutaneo) degli effetti a lungo termine.
Per quanto concerne gli effetti oculari da luce blu, vanno sottolineati alcuni aspetti che li differenziano sostanzialmente
rispetto agli altri effetti delle ROA. Il primo è che la “dose accumulata”, dalla quale è verosimile dipendono gli effetti a
lungo termine, è in questo caso di difficile quantificazione
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poiché dipende da più variabili, alcune di non agevole
valutazione, quali: il diametro pupillare, le condizioni clinico-oftalmiche, la tipologia dei compiti svolti. Un secondo
aspetto è connesso alle aree retiniche coinvolte. Infatti, gli effetti causati da un'esposizione a medio/lungo termine
sarebbero assai più gravi (invalidanti) sotto il profilo occupazionale, ma anche sociale, ove, anziché i soli bastoncelli,
fossero colpiti anche i coni (situati nella fovea), dai quali dipende in modo esclusivo la visione “al dettaglio”, la visione
cromatica e la stereopsi. È da notare infine come i rischi per la salute connessi alla luce blu siano spesso sottovalutati, o
addirittura ignorati, probabilmente anche a causa del fatto che la radiazione visibile produce un effetto neuro-psico-
sensoriale che difficilmente si tende ad associare ad un rischio per la salute.
Altre misure che, allo stato delle conoscenze scientifiche, possono essere prese per prevenire i danni a lungo termine,
con particolare riferimento alla radiazione ultravioletta e alla luce blu, consistono nell'evitare le esposizioni indebite di
lavoratori non direttamente coinvolti nella particolare attività lavorativa che utilizza sorgenti di ROA, nell’eliminare
sorgenti di luce blu ove esse non siano essenziali per i particolari compiti lavorativi da svolgere in un dato ambiente, e
nel ridurre le esposizioni al più basso livello possibile. Accanto a queste misure di prevenzione primaria, pure utili
possono risultare mirati interventi di sorveglianza sanitaria.
Infine, relativamente alla radiazione laser occorre osservare che dal punto di vista scientifico non c’è nessun motivo di
ritenere che la radiazione coerente non causi gli stessi effetti a lungo termine della radiazione incoerente e che quindi ad
essa non si applichino le stesse considerazioni relative alla mancata identificazione di soglie di induzione del danno.
Nel caso delle esposizioni lavorative alla radiazione laser, tuttavia, le esposizioni sono normalmente solo di tipo
accidentale, non croniche, e non sono ad oggi note esposizioni continuative, o comunque per lunghi periodi, tali da
richiedere una generalizzazione della sorveglianza sugli effetti a lungo termine. Resta ferma l’esigenza di attivare la
sorveglianza sanitaria qualora la valutazione del rischio ne evidenzi la necessità.
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Una difficile quantificazione della dose accumulata si riscontra anche nel caso della radiazione UV, poiché essa
dipende dagli spettri di azione biologici, non ancora ben definiti, relativi agli effetti a lungo termine.