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presentano con estrema frequenza una morfologia dei solchi articolata e profonda
(Azarpazhooh & Main, 2008).
I primi molari permanenti, inoltre, erompono posteriormente agli elementi decidui e, in un
cavo orale ancora poco sviluppato, sono particolarmente complessi da detergere in modo
efficace durante le manovre di igiene orale domiciliare a causa anche di una limitata
manualità dell’individuo.
La prevenzione della carie dei solchi dei molari permanenti può essere effettuata,
pertanto, attraverso la tecnica della sigillatura. ’effetto preventivo di tale pratica per i primi
molari permanenti si attesta all’87,1% valutata a tre anni dalla sua applicazione (Nilchian
et al.
, 2011), al 76.3% a quattro anni e al 65.0% a nove anni (Beauchamp
et al.,
2008).
Come ampiamente riportato in letteratura, si tratta di una procedura clinica semplice,
sicura ed efficace dal punto di vista costi/benefici ed è, quindi, fortemente raccomandata
(Reggiardo, 2010; Tellez
et al.
, 2011; Hiiri
et al.
, 2010; Gooch
et al.
, 2009; Ahovuo-
Saloranta
et al.
, 2013; Evans & Dennison, 2009).
Consiste nella chiusura meccanica del sistema dei solchi dentari attraverso l’uso di
materiali principalmente a base resinosa o cementi vetroionomerici (Smallridge, 2010).
Secondo la letteratura, i solchi dei molari permanenti rimangono ad alto rischio di carie per
quattro anni circa dopo l’eruzione (Azarpazhooh & Main, 2008), anche se questo dato può
avere una valenza relativa a causa della variabilità del rischio al quale ogni soggetto è
sottoposto durante l’arco della vita. a sigillatura tanto pi efficace nel prevenire la carie,
quanto prima è applicata; dal punto di vista pratico, la sigillatura deve essere eseguita
quando la superficie occlusale esposta lo permette. Una verifica dell’occlusione al termine
della sigillatura è necessaria per escludere interferenze occlusali provocate da un eccesso
di materiale sigillante. Tali interferenze, se presenti, devono essere immediatamente
rimosse.
Il successo nel tempo della sigillatura dipende dalla ritenzione
in situ
. Riveste particolare
importanza quindi, come per tutte le procedure adesive, un adeguato isolamento del
campo operatorio. ’umidità, infatti, rappresenta il principale fattore di fallimento della
sigillatura (Azarpazhooh & Main, 2008). Per ottenere un valido isolamento, è
raccomandato l’uso della diga di gomma o l’ausilio di un assistente alla poltrona per
controllare adeguatamente l’umidità con rulli di cotone (Beauchamp
et al.
, 2008; Griffin
et
al.
, 2008).
La ritenzione del sigillante è anche correlata al tipo di materiale utilizzato.
I materiali a base resinosa rappresentano la prima scelta, in virtù degli ottimi valori di
ritenzione (Beauchamp
et al.
, 2008).
I cementi vetroionomerici presentano, invece, una ritenzione inferiore, ma sono consigliati
in tutte quelle occasioni in cui il controllo dell’umidità non può essere ottimale (es. parziale
eruzione dell’elemento, soggetto poco collaborante…) (Beauchamp
et al.
, 2008; Me àre,
2011); tali materiali, inoltre, presentano il vantaggio di rilasciare fluoro nel tempo
(Azarpazhooh & Main, 2008).
a preparazione routinaria dei solchi, attraverso l’uso di apposite frese o sabbiatura, non
raccomandabile (Beauchamp
et al.
, 2008). É, tuttavia, indicata quando esistono dubbi
riguardo l’integrità del fondo dei solchi.
’integrità delle sigillature deve essere controllata durante le visite periodiche di controllo
(semestrali o annuali, sulla base del rischio) e, nel caso ne venga riscontrata la perdita
parziale o totale, è necessaria la reintegrazione.
La sigillatura, in definitiva, rappresenta una metodica di prevenzione primaria, applicabile
a tutti gli individui in età evolutiva, anche se i benefici maggiori si ottengono negli individui
e negli elementi dentali ad alto rischio di carie (Azarpazhooh & Main, 2008).
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