Linee guida - page 9

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contenuti è direttamente proporzionale a quella del biofilm (Denny
et al.
, 2007;
Parisotto
et al.
, 2010).
Dieta.
Un fattore di fondamentale importanza è rappresentato dalle abitudini
alimentari del soggetto (Naidoo & Myburgh, 2007; Karjalainen, 2007). I batteri
cariogeni costituenti il biofilm necessitano di carboidrati per vivere e riprodursi. Il
metabolismo di tali sostanze, specie dei carboidrati semplici, produce acidi deboli
che provocano la demineralizzazione dei tessuti duri dentali, causa dei segni clinici
della malattia. Ogni volta che alimenti di questo tipo sono introdotti nel cavo orale,
avviene un calo del pH del biofilm causato dagli acidi prodotti dal metabolismo
batterico. Con la riduzione del pH sotto la soglia limite di circa 5,5 (soglia di
demineralizzazione per lo smalto), i tessuti duri orali cedono minerali all’ambiente
(demineralizzazione). I sistemi tampone salivari sono, tuttavia, in grado di
tamponare gli acidi e riportare il pH della superficie dentale oltre la soglia di rischio
in circa 30 minuti. Con questo processo, i minerali persi durante la fase di
demineralizzazione saranno poi reintegrati attraverso un processo inverso
(remineralizzazione). Se nel cavo orale sono introdotti con elevata frequenza
alimenti e/o bevande ricchi di carboidrati, la diminuzione del pH sotto la soglia di
rischio sarà frequente e la somma dei tempi in cui il valore è basso diventa elevata.
Al contrario, la somma dei tempi in cui il pH è sopra la soglia (remineralizzazione)
sarà inferiore.
Se la demineralizzazione avrà tempo di agire, potranno instaurarsi sulle superfici
dentali le cosiddette
white spot
, ovvero il primo stadio della lesione cariosa, possibili
di
restitutio ad integrum.
Se questo processo non viene interrotto, la perdita di
componente minerale da parte dei tessuti duri orali prosegue e dalla lesione iniziale
avrà origine la lesione cavitaria.
Il saccarosio, comune zucchero da cucina, è il carboidrato semplice (disaccaride)
più efficacemente metabolizzato dai batteri cariogeni (Steyn & Temple, 2012).
Bisogna sottolineare, tuttavia, che esistono altri carboidrati che presentano la
possibilità di essere fermentati efficacemente dai batteri. Oltre al saccarosio, in
ordine di cariogenicità, vi sono il glucosio, il maltosio, il fruttosio e il lattosio
(Karjalainen, 2007). Gli alimenti ricchi di amido, senza l'aggiunta di zuccheri, invece,
giocano un ruolo limitato nella patogenesi della carie (Harris
et al.
, 2012).
Ospite.
Tra i fattori riconducibili all’ospite, quello che maggiormente influenza il
rischio di carie è la saliva (Vadiakas, 2008; Taji
et al.
, 2011; Selwitz
et al.
, 2007). La
saliva, infatti, svolge molteplici funzioni nel mantenimento della salute orale;
costantemente prodotta dalle ghiandole salivari maggiori e minori secondo un ritmo
circadiano, fluisce su tessuti duri e molli con un’azione di detersione e
lubrificazione; contiene, inoltre,sostanze che le conferiscono capacità antibatteriche
di tipo specifico e aspecifico, quali sistemi enzimatici come lattoferrina, lisozima,
lattoperossidasi etc. Un’altra proprietà la capacità tampone, costituita
principalmente dal sistema bicarbonato e fosfato. Questi sistemi legano gli ioni H
+
,
tamponando il pH acido e riportandolo sopra la soglia di rischio per la
demineralizzazione. La saliva contribuisce a remineralizzare le superfici dentali
grazie al suo contenuto in minerali come gli ioni calcio e fosfato e sistemi proteici
quali le statine e le proteine ricche in prolina. La saliva, quindi, influisce sotto
numerosi aspetti sul rischio di carie (Smith & Mattos-Graner, 2008).
La raccolta di saliva permette di valutare flusso e potere tampone. Il flusso salivare
basale inferiore a 0,1 ml/min, o stimolato inferiore a 1,0 ml/min, indica una riduzione
del flusso sotto la soglia di rischio per la patologia cariosa. La produzione salivare,
1,2,3,4,5,6,7,8 10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,...38
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