CIRCOLARI
D.lgs. 9 Aprile 2008, n. 81 - Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro - Appendice Normativa
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efficacia contro i suddetti agenti, senza che siano menzionati anche i facciali filtranti dichiarati conformi alla norma
europea armonizzata EN 149.
In particolare, nel
documento ex ISPESL
“Criteri procedurali per la scelta e caratterizzazione dei Dispositivi di
Protezione Individuale per il rischio biologico in attuazione degli adempimenti del D.Lgs. 81/2008 e smi”,
relativamente all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale per la protezione specifica delle vie respiratorie da
agenti biologici, quali i facciali filtranti e i filtri da collocare sulle semimaschere e/o sulle maschere a pieno facciale,
viene testualmente riportato:
“I DPI per la protezione specifica delle vie respiratorie da agenti biologici, quali facciali filtranti e
.
filtri da collegare
sulle semimaschere o sulle maschere a pieno facciale, sono caratterizzati da una certificazione di Tipo emessa
dall’Organismo Notificato che attesti la marcatura CE come dispositivo di protezione individuale in III categoria
secondo la Direttiva 686/89 CE e attesti la protezione da agenti biologici del gruppo 2 e 3, ai sensi della Direttiva
54/2000 CE
”
.
Si ritiene utile precisare che la certificazione CE dei dispositivi di protezione individuale deve essere
esclusivamente effettuata in conformità a quanto disposto dalla Direttiva 89/686/CEE, recepita in Italia con il
Decreto Legislativo 475/92 e successive modifiche e integrazioni e che per questa certificazione possono essere
utilizzate le norme armonizzate pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e riprese in quella italiana
in quanto assicurano presunzione di conformità ai requisiti essenziali richiesti dalla direttiva europea.
Occorre quindi evidenziare che l’uso dei dispositivi per la protezione delle vie respiratorie conformi alla nonna
europea armonizzata EN 149 e certificati CE ai sensi della Direttiva 89/686/CEE, è ritenuto idoneo anche per la
protezione da agenti biologici aerodispersi in numerosi documenti sia nazionali (prodotti ad esempio dal Ministero
della Salute e dallo stesso ex ISPESL) che internazionali (prodotti ad esempio dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità - WHO e dal NIOSH).
Pertanto, ne deriva che solo i dispositivi di protezione delle vie respiratorie provvisti di certificazione CE di Tipo
secondo la Direttiva 89/686/CEE possono essere liberamente commercializzati e che sarà compito del fabbricante
dei dispositivi di protezione individuale dichiararne la conformità ai requisiti dall’Allegato II della direttiva succitata,
dopo che sullo stesso è stato emesso da un Organismo Notificato un attestato di esame del Tipo conseguente a
specifiche prove di laboratorio, fermo restando che l’utilizzo della norma europea armonizzata EN 149 assicura
presunzione di conformità ai requisiti di cui all’Allegato II citato anche per quanto riguarda la protezione da agenti
biologici.
Stante quanto sopra esposto, si conclude che risultano idonei per la protezione da agenti biologici sia i dispositivi di
protezione delle vie respiratorie provvisti di certificazione CE di cui al Capitolo II della Direttiva 89/686/CEE, che
attesti la protezione da agenti biologici dei gruppi 2 e 3 così come definiti nella Direttiva 2000/54/CE, sia quelli
provvisti di certificazione CE di cui al Capitolo II della Direttiva 89/686/CEE, basata sulla norma europea
armonizzata EN 149.
IL DIRETTORE GENERALE - Dott. Giuseppe Umberto Mastropietro
DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA
Circolare n. 16/2012 del 04/07/2012
Oggetto: lavoratori autonomi - attività in cantiere - indicazioni operative per il personale
ispettivo.
Sempre più frequentemente nel corso dell’attività di vigilanza svolta nell’ambito del settore edile, si riscontra
l’utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi, formalmente riconducibili alla tipologia contrattuale di cui
all’art. 2222 cod.civ., che però di fatto operano in cantiere inseriti nel ciclo produttivo delle imprese esecutrici dei
lavori, svolgendo sostanzialmente la medesima attività del personale dipendente delle imprese stesse.
Tale fenomeno, dal punto di vista quantitativo, è comprovato dalle rilevazioni effettuate dall’ANCE sui dati ISTAT
relativi all’anno 2011, secondo cui il numero di lavoratori autonomi che svolgono attività in cantiere, in assenza di
personale alle proprie dipendenze, risulta addirittura superiore rispetto a quello della categoria dei lavoratori
subordinati o comunque impiegati in qualità di operai edili (in particolare n. 1.039.000 lavoratori autonomi senza
dipendenti a fronte di n. 986.000 lavoratori subordinati).
La suddetta circostanza è spesso aggravata dal ricorso ad ulteriori formule “aggregative” di dubbia legittimità, che
prescindono da un’organizzazione d’impresa, costituite nello specifico da associazioni temporanee di lavoratori
autonomi ai quali viene affidata, da parte di committenti privati, l’esecuzione anche integrale di intere opere edili.
La situazione, così come complessivamente delineata, presenta evidenti profili di criticità che vanno affrontati sul
piano ispettivo, in quanto coinvolgono sia il tema del corretto inquadramento lavoristico delle prestazioni, che
quello della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori interessati.
Si ritiene, pertanto, necessario - anche sulla base delle considerazioni contenute nel documento approvato dal
“Gruppo edilizia” del Coordinamento tecnico in materia di salute e sicurezza delle Regioni - fornire alcune