CIRCOLARI
D.lgs. 9 Aprile 2008, n. 81 - Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro - Appendice Normativa
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indicazioni al personale di vigilanza concernenti la verifica della genuinità delle prestazioni qualificate come
autonome.
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Va premesso
innanzitutto che tali indicazioni, lungi dal costituire principi di carattere generale in ordine ai
criteri di distinzione tra prestazioni autonome e prestazioni subordinate, sono da intendersi quali mere
istruzioni di carattere tecnico che si muovono sul piano della metodologia accertativa, anche mediante
l’utilizzazione di “presunzioni operative”, al fine di orientare l’azione del personale ispettivo,
uniformandone comportamenti e valutazioni.
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In primo luogo, si ritiene opportuno richiamare la definizione contenuta nella disposizione normativa di cui all
D.Lgs. n. 81/2008, e successive modificazioni, ai sensi della quale per lavoratore autonomo
si intende la
“persona
.
fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di
subordinazione”.
A tal proposito, va
sgombrato il campo dalla pretesa inconciliabilità, in capo allo stesso soggetto, dello “status” di
imprenditore autonomo o, addirittura, di imprenditore artigiano con l’eventuale qualifica di lavoratore dipendente;
ciò in quanto, anche alla luce del consolidato orientamento della Suprema Corte, l’imprenditore
“tout court”
ovvero
l’imprenditore artigiano può svolgere attività di natura subordinata nella misura in cui tale attività non finisca per
essere prevalente rispetto a quella di tipo autonomo (cfr. Cass. Sez. Unite n. 3240/2010).
In simili evenienze, elemento significativo ai fini della verifica è senza dubbio quello connesso al possesso e alla
disponibilità di una consistente dotazione strumentale, rappresentata da macchine e attrezzature, da cui sia
possibile evincere una effettiva, piena ed autonoma capacità organizzativa e realizzativa delle intere opere da
eseguire.
In tal senso occorre constatare se dall’esame della documentazione risulti la proprietà, la disponibilità giuridica o
comunque il possesso dell’attrezzatura necessaria per l’esecuzione dei lavori (ponteggi, macchine edili, motocarri,
escavatori, apparecchi di sollevamento) e che la stessa sia qualificabile come investimento in beni strumentali,
economicamente rilevante ed apprezzabile, risultante dal registro dei beni ammortizzabili.
Non rileva, invece, la
mera proprietà o il possesso di minuta attrezzatura (secchi, pale, picconi, martelli, carriole, funi) inidonea a
dimostrare l’esistenza di un’autonoma attività imprenditoriale né la disponibilità delle macchine e
attrezzature specifiche per la realizzazione dei lavori data dall’impresa esecutrice o addirittura dal
committente, ancorché a titolo oneroso, rappresentando anzi tale circostanza un elemento sintomatico
della non genuinità della prestazione di carattere autonomo.
Ciò, del resto, è assolutamente in linea con i
principi fondamentali che ispirano il D.Lgs. n. 81/2008 il quale, individuando la nozione di “idoneità tecnico-
professionale” dei lavoratori autonomi - la cui verifica è fondamentale da parte del committente/datore di lavoro a
pena dell’adozione di sanzioni penalmente rilevanti - fa esplicito riferimento, precedentemente e
indipendentemente dall’affidamento del singolo lavoro, alla disponibilità di macchine, di attrezzature e opere
provvisionali la cui conformità deve essere peraltro opportunamente documentata (v.
D.Lgs. cit.).
Non può da ultimo non ricordarsi, quale ulteriore elemento sintomatico, anche se non decisivo per ciò che riguarda
il settore dell’edilizia - in quanto caratterizzato da operazioni temporalmente limitate - il riscontro di
un’eventuale
monocommittenza.
Tale elemento rappresenta del resto un utile indice per verificare la genuinità o meno del rapporto “autonomo”
posto in essere sebbene, come già accennato, questo non sia assolutamente dirimente, rappresentando un
elemento
a fortiori
di un’eventuale ricostruzione ispettiva.
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Oltre a tali elementi legati alla specifica situazione di fatto oggetto di accertamento, vanno però svolte alcune
considerazioni idonee a supportare un regime di “presunzioni” sul piano della tecnica ispettiva che, partendo
proprio dalla definizione del lavoratore autonomo, tentano di inquadrare i margini della citata “autonomia”
nell’ambito del ciclo complessivo dell’opera edile.
L’esperienza, infatti, evidenzia come normalmente non siano mai sorti particolari problemi di inquadramento quale
prestazione autonoma per tutte quelle attività che intervengono nella fase del c.d. completamento dell’opera ovvero
in sede di finitura e realizzazione impiantistica della stessa (lavori idraulici, elettrici, posa in opera di rivestimenti,
operazioni di decoro e di restauro architettonico, montaggio di infissi e controsoffitti).
Diversamente, meno verosimile appare la compatibilità di prestazioni di lavoro di tipo autonomo con riferimento a
quelle attività consistenti nella realizzazione di opere strutturali del manufatto, legate fondamentalmente alle
operazioni di sbancamento, di costruzione delle fondamenta, di opere in cemento armato e di strutture di
elevazione in genere, svolte da specifiche categorie di operai quali quelle del manovale edile, del muratore, del
carpentiere e del ferraiolo (cfr. CCNL edilizia).
Lo svolgimento di tali mansioni risulta, infatti, connotato dall’utilizzo di un apposito “cronoprogramma” destinato non
solo a pianificare le diverse fasi di esecuzione dell’opera, ma anche a realizzare quel necessario e stretto
coordinamento tra lavoratori che assicuri un’attuazione unitaria ed organica delle attività, difficilmente compatibile
con una prestazione dotata delle caratteristiche dell’autonomia quanto a “tempi e modalità di esecuzione” dei
lavori.
Più in particolare, nelle attività di realizzazione delle opere in elevazione legate al ciclo del cemento armato ovvero