Come preparare una presentazione di successo - page 52

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lusingato, fino a quando non ho pensato che una Rolls è maledettamente silenziosa, e praticamente non
finisce mai!”.
Attenzione: niente autocelebrazioni o eccessi, meglio mettersi quasi in “ridicolo” per una possibile
“piccola” gaffe, della quale magari siamo stati incolpevoli autori.
Potrebbe essere una frase “ad effetto”, o un collegamento a fatti ed eventi di notevole importanza; Beverly
Ballaro (AAVV, 2004) suggerisce anche di “raccontare un fatto curioso”, di “stimolare la curiosità del
pubblico”, di fare qualcosa di veramente insolito, o di disegnare uno scenario ipotetico sia del passato che
del futuro, di usare e commentare una citazione storica pertinente all’argomento (magari perché come
citazione si è rivelata clamorosamente errata) o, infine, di evocare delle scenette apparentemente
scollegate fra di se (attraverso una breve descrizione) per poi collegarle con il tema in oggetto.
Un esempio: se dobbiamo fare una presentazione sullo stress, potremmo esordire con un discorso del
tipo:
“Signore e signori, secondo le statistiche una persona su tre soffre di gravi disturbi mentali provocati dallo
stress da lavoro; osservate la persona alla vostra destra… e ora la persona alla vostra sinistra… se vi
sembrano del tutto normali, significa che la persona stressata… siete voi !”
Sempre valido rimane il consiglio di raccontare una “parabola”, ossia di riadattare in qualche modo
(normalmente modernizzandola) una storia anche risalente a Esopo, al Vangelo o ai fratelli Grimm, (il
panorama delle “favole”, comprendendo anche le mille e una notte e tutte quelle regionali e popolari è
praticamente sterminato).
Un inizio, in ogni caso, deve essere “innovativo”, per poter colpire; anche una citazione di un film, una
trasmissione televisiva, magari con la proiezione di un breve spezzone di film (ma attenzione a non
superare un paio di minuti), purché sia molto azzeccato e pertinente, può essere un ottimo modo di
attirare l’attenzione, soprattutto se il messaggio diventa “esplicito” e “lampante” solo dopo una piccola
spiegazione.
Durante la presentazione
Siamo in diretta: non è possibile fare granché senza essere particolarmente notati, e quindi dobbiamo
ricorrere a piccoli trucchi per “prendere tempo”.
Una prima cosa che possiamo fare è bere un po’ d’acqua (che non dovrà mai mancare), e per far questo
serve un po’ di tempo: tempo per riflettere, raccogliere le idee, calmarsi.
Una seconda cosa, fondamentale, sarà controllare la respirazione e la tensione muscolare: muovere la
mascella e respirare a fondo permettono, normalmente, di riprendere il controllo se qualcosa va storto. Un
ultimo possibile trucco, la cui spiegazione però richiederebbe un trattato a parte, dato che la sua dinamica
prevede una complessa analisi che spazia dalla medicina cinese alla neurofisiologia alla posturologia e
altre discipline mediche, scientifiche e non: unire le punte delle dita mettendo le mani aperte davanti a se,
(come per pregare, ma a dita allargate) e poi flettere le falangi (quello che, scherzosamente, potrebbe
essere definito “un ragno che fa le flessioni su uno specchio”): per una serie di motivi questo
apparentemente banale esercizio svolge una azione di “risveglio” del nostro cervello, e favorisce la
concentrazione; ovviamente non potremo passare tutta la presentazione in questa posizione, ma usarla
ogni tanto è una cosa del tutto naturale.
Fase di chiusura
Se l’esordio è importante, la conclusione non è da meno.
Indipendentemente dal tipo di struttura adottata (ossia se abbiamo messo gli argomenti più importanti
all’inizio, alla fine o distribuiti sia all’inizio che alla fine), la fase conclusiva, quella che veniva chiamata
“peroratio”, deve lasciare i presenti con la convinzione di “dover agire”.
Se siamo riusciti a toccare le giuste corde (con argomenti interessanti per il nostro pubblico e li abbiamo
ben argomentati) probabilmente il pubblico sarà interessato proprio a capire “e adesso? cosa dovrebbe
succedere?”
E’ necessario, quindi, procedere con un rapido riassunto di quanto esposto, e con i nostri “auspici” in
merito a cosa ci aspettiamo che accada, o meglio che “dovrebbe” accadere, a cosa pensiamo sarebbe
corretto che il nostro pubblico facesse.
Il tutto, per essere efficace, deve essere riassunto in una o due frasi al massimo, e piuttosto brevi: il
massimo sarebbe “costruire” un qualcosa di simile ad uno slogan, a un gioco di parole che sia coerente
con il nostro “messaggio”.
Dopo la presentazione
Bene, è andata; e adesso ? finito tutto ?
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