53
Il dopo presentazione è il momento migliore per procedere con uno degli aspetti più difficili, delicati e
importanti per il futuro: la raccolta e l’analisi del feedback.
In questo contesto non sto parlando del classico questionario “post corso”, con cui si chiede, in modo
anonimo, ai partecipanti quale è stato il loro gradimento della presentazione, anche perché il nostro
principale ambito di interesse è un lavoro che spesso è inserito in un contesto, insieme ad altri presentatori,
oppure è rivolto a persone (decision maker) a cui non sarebbe possibile sottoporre un “questionario di
gradimento”.
La raccolta del feedback deve avvenire in tre maniere fondamentali:
•
durante il “post-evento”, quando in modo informale si scambiano quattro-chiacchiere-quattro fra i
partecipanti, si formano capannelli per gli ultimi scambi di vedute e, ovviamente, i saluti e gli
arrivederci, se la situazione lo prevede; in questo caso “orecchie aperte” per cogliere degli
eventuali “plausi”, anche le possibili sfumature critiche, tutti i puntini dopo i “bellissimo, ma…”,
“interessante, certo che …”, “bravissimo, però…”: è bene annotarseli subito, per rifletterci poi
•
prendere subito appunti su tutti gli aspetti che “a noi” già sono apparsi “zoppicanti”, che ci hanno
creato qualche difficoltà o incespicatura, che hanno suscitato qualche reazione che non ci è
sembrata adeguata o imprevista.
•
costringere amici e colleghi “alleati” ad una sessione di feed-back impietosa, nella quale
sollecitare, o meglio, pretendere le sole critiche.
Una nota sulle critiche: d’accordo, a tutti piacciono le lodi, d’accordo, essere criticati non piace a nessuno,
d’accordo, con tutta l’adrenalina che ancora scorre ci sentiamo talmente superiori che non accettiamo
critiche, però… ricordiamoci una massima fondamentale nel commercio: “il cliente che ti critica è il tuo
migliore amico”: infatti è l’unico che ti permette di migliorarti, mentre il cliente insoddisfatto, ma che si
tiene le critiche per se, la prossima volta si rivolgerà altrove!
Tutto il feedback raccolto deve poi essere suddiviso, organizzato per argomenti, riesaminato, e, fatte le
debite “scremature”, utilizzato per migliorare tutto quello che è possibile, dall’attrezzatura alla location alle
slide ai colori al nostro modo di parlare… tutto può sempre essere migliorato.
Questions & answers (questio & responsio)
La fase finale di una presentazione, la parte forse più difficile da gestire perché fondamentalmente ignota,
quindi da affrontare come una esplorazione di un territorio sconosciuto.
“In cauda venenum” e in effetti il rischio è grande, perché una cattiva gestione della fase di domande e
risposte può pregiudicare e rendere inutile o addirittura controproducente una presentazione di per se di
buon livello.
Del resto non è neanche possibile pensare di eludere questa parte, salvo il caso, peraltro raro, di una vera
e propria “lectio magistralis” dove il presentatore deve solo esporre una sua conoscenza appunto
“magistrale” di un particolare argomento, e dove talvolta non viene lasciato spazio per possibili domande
di approfondimento.
•
Preparazione. Pertanto è necessario prepararsi bene a questa fase, e il modo migliore è proprio
quello del vestire i panni dell’ “avvocato del diavolo” , e rivedere la propria presentazione
(sopratutto, ovviamente, i contenuti) con occhi ipercritici per prevedere ogni e qualsiasi obiezione,
in modo da preparare una serie di argomentazioni a difesa. Ovviamente non è però possibile
prevedere veramente tutte le domande che un pubblico potrebbe rivolgerci, e allora sarà
necessario aver almeno previsto di “catalogare” le domande secondo alcuni criteri base, e aver
almeno predisposto una strategia generale di risposta.
•
Impostazione generale. Una prima regola: è indispensabile lasciar finire la domanda (è anche
una buona norma di creanza) senza interrompere, anche se crediamo di sapere dove il nostro
interlocutore vuole “andare a parare”, e poi è opportuno fare una pausa (almeno contando fino a
cinque) prima di procedere con la nostra risposta. In questo tempo sarà opportuno cercare di
capire bene la domanda stessa, e, anche, le motivazioni che ne sono alla base: se il nostro
interlocutore vuole solo metterci in difficoltà, se desidera mettersi in mostra, se veramente è
interessato al problema posto, se considera l’obiezione solo un aspetto marginale ma è
fondamentalmente d’accordo con le nostre tesi etc.etc….. ovviamente ogni caso prevedrà una
reazione e una gestione diverse.
•
Tassonomia delle domande. Proviamo a tracciare, se pur parzialmente, una tassonomia delle
domande partendo da Collins (Collins, 1998) e integrandolo con altri autori:
o
Simple:
se la domanda è semplice, e necessita solo di una risposta breve e concisa (un
si/no, un dato) è bene darla subito, senza ulteriori spiegazioni.
o
Complicated:
è opportuno fare riferimento ai temi di fondo: chiarire con un esempio,