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gesti di adattamento.
Di questi, ovviamente, sono per noi particolarmente interessanti quelli del gruppo 2, correlati al discorso;
assolvono in particolare lo scopo di “illustrare” in qualche misura la comunicazione verbale, e di
aggiungere quindi una sorta di “canale visivo” al canale auditivo proprio della comunicazione orale.
Possono essere equiparati ad un sistema di punteggiatura, di sottolineatura del discorso; in particolare
Ekman classifica ulteriormente i gesti illustratori dandone un dettaglio esemplificativo; secondo loro i
movimenti delle mani illustrano il discorso:
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indicando
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mostrando una relazione spaziale (sopra-sotto)
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mostrando un movimento nello spazio (attraverso-intorno)
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indicando il ritmo dell' eloquio (battendo, per esempio, su un tavolo o un dito sulla mano, o la
mano contro la gamba)
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eseguendo un movimento del corpo (cinetogrammi)
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disegnando una figura (pittogrammi)
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indicando la direzione di un pensiero (ideogrammi)
Purtroppo (o per fortuna ?) questi gesti e movimenti non sono in realtà uniformi, esiste un'ampia varietà
nell'eseguirli: le regole sulla loro esecuzione sono molto elastiche e quindi le modalità gestuali dell' essere
umano sono molto complesse e dipendenti da variazioni soggettive.
Sono stati spesi fiumi di parole e di inchiostro sul merito di quale sia la “gestualità” più corretta per un
presentatore, e più o meno tutti sono concordi nel consigliare posizioni iniziali neutre (in piedi, gambe
leggermente divaricate, mani in basso, ecc. ecc.) e di cercare di assumere questa posizione “neutra” più
volte possibile; inoltre sono sconsigliate: mani in tasca, avambraccio piegato a sostenere il gomito
dell’altro braccio, mani dietro la schiena, braccia intrecciate davanti al torace, gesticolare eccessivamente,
non appoggiarsi al tavolo, non stare dietro il leggio (se c’è), non dondolarsi sulle gambe, etc. etc.
Tutto questo può anche essere corretto, però ha un grosso inconveniente: se stiamo a pensare a tutto
quello che NON dovremmo fare, e a quali siano i “messaggi” inconsci che il nostro corpo trasmette,
probabilmente faremo la fine di quel millepiedi che, il giorno in cui la formica gli chiese come facesse a
coordinare tutte quelle zampe, si bloccò disperato !
In effetti ci sono anche decine di elenchi più o meno estesi che danno significati ai gesti, come, ad esempio
(Sansavini, 2002):
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Mani ai fianchi: nota come “Mussolini position”, da ai presenti un’idea di arroganza, di sfida
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Braccia incrociate: la percezione è di chiusura, di scarsa disponibilità al dialogo e alle domande
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Pollici nella cintura dei pantaloni: possa “alla John Wayne”, poco professionale ed eccessivamente
disinvolta
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Mani incrociante davanti: “posa adamitica”, pare che l’oratore cerchi di reggere la foglia di fico
per non tradire la sua nudità
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Mani intrecciate dietro: posa della “docenza spinta”, soprattutto quando l’oratore assume questa
posizione e si muove in sala lateralmente senza degnare di uno sguardo i presenti
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Mani congiunte: “posa della preghiera”, si ha l’impressione di un oratore remissivo
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Toccarsi il corpo o gli abiti: naso, orecchi, testa, occhiali, giacca, sono tute forme di nervosismo
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Mani in tasca: nota come posa del “guardate come sono disinvolto!”, tipica dei maschietti che si
sentono a proprio agio. Si perde l’efficacia gestuale e si mostra un atteggiamento non molto
professionale
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Oggetti in mano: sono un “parafulmine” per scaricare le proprie tensioni. Si esprime nervosismo
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Uso della bacchetta per mostrare lucidi: si chiama la posa del “direttore d’orchestra”. Nelle fasi di
ascolto l’oratore tende a usare a sproposito il pointer manifestando nervosismo
Potremmo aggiungere, per “buon peso”:
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Appoggiarsi al tavolo (standovi davanti): “insicurezza, ricerca di un punto fermo”
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Appoggiarsi al tavolo (standovi dietro): “insicurezza”, volontà di stabilire e mantenere le distanze
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Braccio piegato che “sostiene” l’altro braccio al gomito: insicurezza, ricerca di appoggio
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Toccarsi il mento con la mano (come a “pizzicare” il mento): riflessione, “sto pensando a quanto
mi dici, ma non mi convince”
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Passarsi la lingua sulle labbra: dimostra disponibilità verso l’interlocutore, interesse per quello che
stiamo ascoltando
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Alzare un sopracciglio mentre ascoltiamo: denota incredulità, sufficienza, scarsa considerazione di
quanto stiamo ascoltando
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“Aggrottare” le sopracciglia (creando una “piega” al centro): dimostra che non siamo affatto
d’accordo con quanto stiamo ascoltando
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Portare in avanti la testa: segnale di interesse, partecipazione, assenso, approvazione, ricerca
dell’altro