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dovessimo parlare alle persone in prima fila: questo fa sì che gli ascoltatori in fondo alla sala
percepiranno un tono troppo basso, e con solo un minimo di disturbo (o anche senza) perderanno qualche
parola o addirittura delle intere frasi, con evidente scadimento della possibilità di comprensione.
Qualcuno,
poi,
ha lo
“strano”
difetto di iniziare una
frase ad un
volume adeguato
,
perfettamente comprensibile, e poi
piano piano ridurlo
fino ad
arrivare
a poco più
di un
sussurro.
Spesso è solo un problema di respirazione, in pratica “ci manca il fiato”; la soluzione è molto più semplice
di quanto sembri: introdurre delle piccole pause, per “riprendere fiato”, all’interno di ogni frase (è anche
possibile spezzare le frasi molto lunghe in frasi più corte, e probabilmente anche più comprensibili.
Ad esempio: “Qualcuno, (pausa) poi, (pausa) ha lo “strano” difetto di iniziare una frase ad un volume
adeguato, (pausa) perfettamente comprensibile, (pausa) e poi (pausa) piano piano (pausa) ridurlo fino ad
arrivare (pausa) a poco più di un sussurro”.
In ogni caso, se la sala è ragionevolmente piccola (8-10 mt) è sufficiente impostare, all’inizio, la voce
come se dovessimo parlare proprio con la persona in fondo, più lontana; questo permetterà di ottenere
anche la loro attenzione, e sicuramente in prima fila non avranno problemi.
Se la sala è più grande probabilmente per essere ascoltati dall’ultima fila saremmo costretti a “forzare” un
po’ la voce (come se stessimo gridando) e questo ci darà un intonazione sicuramente non gradevole
(tende ad andare “di testa”); in questi casi servirà un po’ di esercizio, unito ad una buona respirazione, per
evitare la “forzatura” e rimanere con un tono “normale”.
Ovviamente per sale molto grandi, soprattutto se la nostra voce è decisamente insufficiente, sarà
opportuno ricorrere ad un impianto di amplificazione, ma con tutti i problemi e i difetti e lo studio che
questo comporta (vedi il relativo paragrafo “microfono”).
Parlare in un contesto internazionale
Parlare in un contesto dove il pubblico ha provenienze diverse, dai più reconditi e lontani paesi,
ovviamente presenta varie difficoltà in più.
Innanzitutto il linguaggio e la scelta dei vocaboli: è necessario essere più semplici, cercare di non usare
termini dialettali, gerghi locali o settoriali, nonché parole difficili (in pratica ridurre il proprio vocabolario a
quelle 3-4000 parole che sono in grado di capire tutti o quasi.
Anche per l’uso di metafore, immagini, simboli e colori sarà opportuno aver verificato prima con qualcuno
“del posto” quali possano essere delle particolarità del luogo, oppure rimanere sempre sul più semplice e
generico possibile.
Ovviamente spesso si deve tenere la propria presentazione in inglese, e a maggior ragione dovremo
evitare costruzioni di frasi troppo complesse: le slide, come supporto visuale, ci saranno di grande aiuto
per rendere il nostro messaggio più esplicito e facile da seguire.
La velocità dovrà essere molto minore: pur senza dimenticare l’enfasi e i passaggi di ritmo, è bene che le
pause siano molto allungate, e che la pronuncia di ogni parola sia maggiormente “staccata” dalle altre:
nel caso in cui disponiamo di una traduzione simultanea (prevista in molti seminari di rilevante
importanza) i traduttori ce ne saranno oltremodo grati e potranno meglio fare il loro lavoro, a tutto nostro
vantaggio.
In questo contesto la distribuzione preventiva del materiale, in formato anche più dettagliato delle semplici
slide può essere di grande aiuto, purché la distribuzione avvenga con largo anticipo (ad esempio al
momento della registrazione al mattino) in modo che la lettura del materiale non distragga durante la
presentazione, ma sia stato possibile almeno “darci un’occhiata” prima dell’inizio.
Gestualità
Il gesto; la gestualità, in particolare con le mani, ma anche con il corpo, i piedi, la testa, gli
ammiccamenti, il sorriso… un’infinita serie di possibili mezzi comunicativi, con i quali l’uomo fin dai
primordi si è confrontato e li ha usati per una comunicazione che superasse i limiti del linguaggio, spesso
troppo semplificato e “artificiale” rispetto all’esigenza di esprimere sentimenti e stati d’animo, talvolta
sconosciuti allo stesso mittente.
Sul tema della gestualità le ricerche e gli studi hanno una vastità incredibile, e sono state definite numerose
“classificazioni” della gestualità e delle espressioni del viso.
In questo ambito ci limitiamo a segnalare la classificazione di Ekman e Friesen (Ekman, 1969) che
suddividono i gesti in base alla funzione che essi possono svolgere in una interazione tra due o più
individui e comprende:
•
gesti emblematici (o convenzionali)
•
gesti illustratori (correlati al discorso)
•
gesti indicatori di uno stato emotivo (o affect displays)
•
gesti regolatori