dell’irradianza e la categoria della macchina per i diversi tipi di radiazione ottica (UV, VIS, IR).
Qualora il fabbricante fornisca il valore dell’irradianza o della radianza, si potrà effettuare il
confronto con i valori limite riportati in Allegato XXXVII, parte 1 del DLgs.81/2008, se del caso
con gli opportuni calcoli. Se invece viene fornita solo la categoria (com’è sufficiente per il rispetto
della norma), per il confronto con i limiti di Legge, nel caso di apparati di categoria 1, si potrà
prudenzialmente utilizzare il valore più elevato di irradianza o radianza dell’intervallo riportato
nell’appendice della norma tecnica. Per quelle di categoria 2, poiché non vengono definiti valori di
irradianza o radianza massimi, ma solo maggiori di una soglia, per accertarsi del rispetto dei valori
limite si dovranno eseguire delle misure strumentali.
Nel caso di esposizione a lampade o sistemi di lampade la valutazione può essere eseguita a partire,
ove disponibile, dalla classificazione del fabbricante secondo la norma CEI EN 62471:2009,
confrontando i tempi di esposizione (per gli occhi: visione diretta della sorgente da parte dei
lavoratori) con i tempi massimi indicati nella norma oppure i valori di emissione della classe con i
valori limite dell’Allegato XXXVII, se del caso con gli opportuni calcoli. Per quelle di categoria 3,
per accertarsi del rispetto dei valori limite si dovranno eseguire delle misure strumentali.
La classificazione di sicurezza, pur essendo uno strumento di fondamentale importanza per lo studio
e la valutazione delle ROA emesse dalle sorgenti, presenta i seguenti limiti:
-
si riferisce alla radiazione ottica emessa, che non necessariamente coincide con il livello di
esposizione del lavoratore;
-
non tiene conto di rischi addizionali, come il rischio elettrico, radiazione collaterale, fumi,
rumore, ecc…;
-
si riferisce all’uso normale del prodotto e non si applica alla manutenzione o all’assistenza, o
quando il dispositivo originale è parte di una installazione complessa;
-
si riferisce al singolo prodotto e non tiene conto di esposizioni cumulative a sorgenti multiple;
-
non tiene conto dell’eventuale attenuazione supplementare fornita dall’apparecchio illuminante.
I prodotti sono classificati a una distanza che produce una illuminanza di 500 lux per i sistemi di
illuminazione generale e a 200 mm dalla sorgente per le altre applicazioni: può non essere
rappresentativa di tutte le condizioni d’uso
In generale, in assenza di informazioni precise la valutazione dei livelli di esposizione deve
avvenire mediante misurazioni strumentali.
Nel caso dei dispositivi medici e per i dispositivi diagnostici in vitro vale quanto indicato nel
Punto
5.11
e il confronto con i valori limite avviene o direttamente con il dato fornito dal fabbricante o
con la grandezza da questo calcolata.
Radiazioni laser
Nel caso di radiazioni laser emesse da macchine, la classificazione riportata nella norma CEI EN
60825-1:2009 stabilisce una relazione con il livello di radiazione emesso. In tale norma sono
riportate le tabelle di correlazione tra la classe di rischio della macchina e i valori del livello di
radiazione emessa per i diversi tipi di radiazione ottica (UV, VIS, IR). Qualora il fabbricante
fornisca il valore del livello di radiazione emesso si potrà effettuare il confronto con i
corrispondenti valori limite riportati in Allegato XXXVII, parte 2 del DLgs.81/2008, se del caso
con gli opportuni calcoli.
Se invece viene fornita solo la classificazione (com’è sufficiente per il rispetto della norma),
bisogna sottolineare che si è certi del non superamento dei valori limite solo se si ha a che fare con
laser della classe 1 e della classe 2
5
. In tutti gli altri casi il superamento può verificarsi tutte le volte
5
in realtà un laser di classe 2 può presentare rischi maggiori della classe 1 per esposizioni che durino più di 0,25 s e a
condizione che non intervenga il riflesso istintivo di avversione alla luce (in classe 2 ci sono solo i laser che emettono
nel visibile). I laser di classe 2 possono dunque essere considerati di rischio “nullo” (anche se sarebbe preferibile parlare
di “rischio trascurabile”) e come tali giustificabili (nel senso che non bisogna approfondire la valutazione dei rischi), a