Come preparare una presentazione di successo - page 21

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Sulla “passione” è necessario fare un’ulteriore distinzione, tra quella che possiamo sollevare in chi ci
ascolta (il pathos), e quella che possiamo dimostrare noi come presentatori (l’ ethos).
Il pathos può essere utilizzato, ma può condizionare fortemente il giudizio degli ascoltatori allontanandoli
da un’auspicabile oggettività; inoltre è un pericoloso coltello a doppia punta: se il nostro pubblico dovesse
avere la sensazione di essere manipolato attraverso un facile ricorso alla “commozione”, potremmo avere
un fenomeno di rigetto del tutto controproducente.
L’Ethos non presenta questo tipo di rischio: è il presentatore che si deve “appassionare” a ciò che
presenta, e che deve dimostrare, con la “partecipazione” e “presenza”, che l’argomento che viene
presentato è “degno” di tale passione.
Questo è un meccanismo che può funzionare come un’argomentazione basata sul noto principio di
autorità: dimostrando passione e interesse l’oratore stesso si fa “garante” di quanto esprime, con ciò
dando maggiore peso a tutta la presentazione.
E’ ben noto, in campo commerciale, come il venditore più produttivo non è quello che ha meglio appreso
le semplici tecniche di manipolazione psicologica, ma quello che in definitiva “crede” nel prodotto che sta
vendendo, e che fa trasparire questa sua “totale fiducia” nelle qualità del prodotto che sta esponendo: un
venditore che parte convinto di stare vendendo un prodotto scadente non potrà raccogliere molti ordini.
Dobbiamo, quindi, procedere con l’elencazione delle “prove” che possono essere a sostegno di quanto
stiamo presentando.
Le “prove” venivano suddivise in due categorie: le prove “tecniche”, ossia quelle che dovevano essere
trovate ricorrendo alla “tecnica retorica”, e le prove “extratecniche”, ossia quelle che erano già “pronte”
nei fatti: in pratica il ricorso ad aspetti già noti e convalidati della ricerca scientifica precedenti al nostro
lavoro, il ricorso a citazioni di autori che in qualche misura possono avvalorare quanto da noi sostenuto,
l’esistenza di regole o di standard che sono condivisi e non discutibili.
Le tipologie essenziali di “prove” nell’antichità venivano suddivise in exemplum, entimemi e sillogismi.
Di queste tre il primo, ossia l’exemplum, viene preferito se si ritiene che il pubblico possa avere delle
difficoltà a seguire un ragionamento astratto e teorico, e si cerca di predisporre un fatto, una storia, che
rappresenti in modo concreto e pratico quanto stiamo cercando di dimostrare; si badi bene: non è
necessario che il fatto o la storia siano veri, è del tutto sufficiente che siano verosimili; in questo senso non
si tratta quindi di trovare una “prova extratecnica” di un fatto realmente accaduto, bensì di predisporre una
storia “verosimile” che serva da semplice esempio; classico il caso in cui il presentatore inizia il discorso
con “a questo proposito, mi ricordo di quella volta in cui mi è accaduto proprio un fatto del genere…”:
non è necessario che questo sia realmente accaduto, ma che sia del tutto verosimile che sia potuto
accadere; in questo senso non è realmente un “mentire”, se non vogliamo tacciare di tale epiteto tutte le
varie favole e novelle della storia letteraria che sono servite (e in larga parte servono ancora) per divulgare
un messaggio attraverso una morale (o per caso qualcuno crede veramente che una rana, in un tempo
molto antico, si sia gonfiata fino a scoppiare per assomigliare a un bue? Esopo era quindi un bugiardo?)
Gli entimemi e i sillogismi sono invece delle sequenze logiche, attraverso le quali da due premesse
accettate come vere ne deriva una terza conseguente alle prime due; in particolare l’entimema viene
anche detto sillogismo retorico, quando una delle due premesse viene sottaciuta in quanto si considera
talmente nota e scontata da non aver bisogno di essere espressa.
Il sillogismo, per sua natura, è però di tipo strettamente logico: si dovrà prestare la massima attenzione a
non cadere in contraddizioni o in errori di tipo logico, creando dei falsi sillogismi, che molto
probabilmente suoneranno subito come “trabocchetti” nelle orecchie del nostro pubblico, squalificando
praticamente tutta la presentazione.
Per organizzare e riordinare tutti gli argomenti che stiamo cercando potremo ricorrere ai “loci” che già nel
medioevo richiedevano di rispondere a una delle seguenti domande:
Quis ?
(chi)
Quid ?
(che cosa)
Qui ?
(perché)
Ubi ?
(dove)
Quando ?
(quando)
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