CIRCOLARI
D.lgs. 9 Aprile 2008, n. 81 - Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro - Appendice Normativa
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Politiche Sociali, numerose richieste di chiarimenti in merito alla liceità o meno dell’effettuazione di accertamenti
pre-assuntivi e periodici riguardanti l’eventuale stato di siero-positività dei lavoratori, in relazione alla previsione del
del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che vieta, nel corso della sorveglianza
sanitaria, accertamenti sanitari che potrebbero porre in essere atti di discriminazione nei confronti di soggetti
risultati positivi a detto esame. Al Riguardo, di intesa con la Direzione Generale delle Relazioni Industriali e dei
Rapporti di Lavoro, si ritiene opportuno richiamare preliminarmente l’evoluzione degli aspetti scientifici, giuridici e
normativi, successivi all’emanazione della legge n. 135/1990, in relazione alle previsioni dei commi 1, 2, 3
dell’articolo 5, posti a tutela della privacy dei soggetti che si sottopongono ad analisi per accertare un’infezione da
HIV ed al diritto fondamentale di non essere discriminati sul luogo di lavoro, in riferimento anche all’articolo 6 della
predetta legge, che vieta espressamente ai datori di lavoro
“lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei
dipendenti o in persone prese in considerazione per l’instaurazione di un rapporto di lavoro l’esistenza di uno stato
di siero-positività”
.
Sotto il profilo scientifico, appare di notevole importanza rimarcare che l’introduzione dei farmaci retrovirali, come
evidenziato dalla Commissione Nazionale AIDS, ha abbattuto del 96% il livello di contagiosità, migliorando in
maniera sostanziale il quadro epidemiologico e prognostico dell’infezione da HIV. Di fatto oggi il trattamento
farmacologico dei soggetti HIV positivi comporta sia l’abbattimento della carica virale plasmatica al di sotto dei
valori di rivelabilità dei test - aspetto estremamente importante per quanto riguarda l’infettività di tali soggetti nei
confronti di terzi - sia un’aspettativa di vita paragonabile a quella dei soggetti HIV-negativi.
Sotto il profilo giuridico-normativo, occorre ricordare che è intervenuta la sentenza n. 218 del 2 giugno 1994 della
Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale - basata sul principio generale che il diritto di
ciascuno trova un limite nel reciproco riconoscimento e nell’uguale protezione del coesistente diritto degli altri - dei
commi 3 e 4 dell’art. 5 della legge n. 135/1990, nella parte in cui esclude accertamenti sanitari per verificare
l’assenza di siero-positività all’infezione da HIV per l’espletamento di attività comportanti rischio per la salute di
terzi. Il principio a cui ha fatto riferimento la pronuncia della Corte Costituzionale è di facile comprensione, nel caso
di accertamenti per evidenziare l’esistenza di malattie infettive e contagiose, in ragione del fatto che le stesse
costituiscono un serio rischio di contagio e che sussiste la possibilità di trasmissione in occasione e in ragione della
particolarità dello svolgimento di un’attività lavorativa.
Nel contesto di tale quadro è necessario tenere conto dei contenuti del Codice di condotta (2001) e della
Raccomandazione della Conferenza Generale dell’OIL n. 200/2010 su HIV/AIDS e mondo del lavoro.
In particolare, la raccomandazione n. 200/2010 nel ribadire, tra i principi di carattere generale, che non vi devono
essere discriminazioni o stigmatizzazioni di persone che sono in cerca di lavoro o che presentino domanda
d’impiego, in base alla reale o presunta sieropositività, e che a nessun lavoratore deve essere richiesto di
effettuare il test HIV o di rivelare il proprio stato sierologico, ha sottolineato che occorre considerare la prevenzione
della trasmissione dell’HIV in tutte le sue forme come una priorità fondamentale.
Occorre, quindi, tutelare i lavoratori che svolgono attività in cui è elevato il rischio di trasmissione dell’HIV e, a tale
scopo, è necessario - laddove sussista un rischio di contagio per esposizione professionale a HIV e malattie ad
esso correlate, come la TBC - predispone per i lavoratori specifici programmi di prevenzione (fermo restando che,
in ogni caso, la sieropositività non può costituire motivo di discriminazione per l’assunzione o la conservazione
dell’impiego, né rappresentare una giusta causa per la cessazione del rapporto di lavoro).
In particolare, deve essere garantito ai lavoratori un ambiente di lavoro sicuro e salubre, al fine di prevenire la
trasmissione dell’HIV sul luogo di lavoro; inoltre, la prevenzione, ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori, deve comprendere precauzioni che abbiano carattere universale e disposizioni specifiche per evitare
l’insorgere di incidenti e di altri eventi dannosi, in modo da ridurre al minimo la possibilità di trasmissione di HIV e di
TBC nelle attività che più espongono al rischio, come il settore medico-sanitario.
Inoltre, si ritiene necessario sottolineare - per quanto attiene agli interventi di sensibilizzazione - che l’HIV non si
trasmette attraverso il contatto occasionale e che la presenza sul luogo di lavoro di una persona sieropositiva non
può rappresentare un rischio per la sicurezza.
Alla luce di quanto sopra riportato, appare evidente che norme specifiche di settore che richiedono l’accertamento
preliminare della condizione di sieronegatività, come condizione necessaria perché il lavoratore risulti idoneo ad
uno specifico servizio (prestato, ad esempio, presso forze di polizia o forze militari ecc.), hanno una loro
legittimazione esclusivamente nella sussistenza di una effettiva condizione di rischio che dall’esercizio dell’attività
lavorativa vi sia per i terzi un concreto e reale rischio di contagio in occasione e in ragione dell’esercizio dell’attività
stessa.
Chiarito tale aspetto, rientrante nell’accertamento preliminare e periodico del possesso dei requisiti richiesti da
specifiche previsioni normative per peculiari attività richiedenti la tutela dei terzi, per l’accertamento dell’idoneità al
lavoro resta da chiarire in quali circostanze e a quali condizioni l’indagine sierologica per l’HIV può e deve essere
effettuata a tutela della salute del lavoratore, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, di cui al
del d.lgs.
n. 81/2008, effettuata dal medico competente.